Deficit gestazionale di vitamina D e tratti autistici: lo studio “Generazione R”

La vitamina D è conosciuta primariamente per il suo ruolo nella mineralizzazione ossea, ma considerando la sua azione neurotrofica e neuroprotettiva, concentrazioni ottimali di vitamina D sono necessarie anche per una corretta funzione cerebrale. Evidenze scientifiche riconoscono in modo crescente una correlazione tra scarsi livelli di vitamina D gestazionale e disordini dello sviluppo neurologico neonatale. 

 

In numerosi studi si sono misurati i livelli di vitamina D nei bambini con disordini dello spettro autistico, ma questo è il primo studio in cui è stata esplorata l’associazione tra la concentrazione di vitamina D (25-OHD) durante la gravidanza e l’insorgenza nei bambini di tratti caratteristici dell’autismo in una grande popolazione multietnica.

 

In questo studio di coorte prospettico, condotto tra il 2002 e il 2006 a Rotterdam, sono stati inclusi 4229 bambini e le rispettive madri appartenenti alla popolazione multietnica “Generation R Study”.

I livelli di 25OHD sono stati misurati a metà gestazione (~ 21 settimane) nel sangue materno e anche alla nascita attraverso il cordone ombelicale. Dell’intero campione, 2489 bambini e rispettive madri si sono dimostrati disponibili per la misurazione in entrambi i momenti. La concentrazione di 25OHD è stata classificata in deficiente (< 25.0 nmol/l), insufficiente (25.0-49.9 nmol/l) o sufficiente (> 50 nmol/l). 

L’insorgenza di disordini dello spettro autistico è stata valutata nel bambino a sei anni dalla nascita mediante la Social Responsiveness Scale (SRS), una scala che considera comportamento sociale, comunicazione e presenza di manierismi autistici.  

 

In media, la deficienza di 25OHD è stata rilevata nel 16% delle madri a metà gestazione (nel siero materno) e nel 36% dei neonati (nel siero del cordone ombelicale).

  

In confronto al gruppo con livelli di 25OHD sufficiente, il gruppo con deficit di 25OHD si è correlato a punteggi maggiori sulla scala SRS, sia a metà gestazione (N= 2866, β = 0.06, P<.001) che alla nascita (N= 1712, β = 0.03, P=.01). 

Inoltre, comparando il punteggio SRS in bambini nati da donne con insufficienza rispetto a donne con deficienza di vitamina D a metà gestazione, si è dimostrata una significativa associazione tra diminuzione dei livelli di vitamina D e aumento del punteggio SRS (N= 3237, β = 0.02, P<.007). 

In generale, la deficienza di 25OHD è risultata strettamente associata a maggiori livelli di SRS solo se presente sia a metà gestazione, sia alla nascita: N=1810, β= 0.07, P<.001. La deficienza ad un solo dei due momenti non è predittiva di maggiori livelli di SRS (P=0.26).

Questi risultati persistono anche considerando la vitamina D come una misura continua, valutando il periodo stagionale in cui è stata misurata e limitando i fattori confondenti quali etnia e genotipo del neonato; ciò è stato possibile restringendo il campione delle nascite alla sola etnia Europea e attraverso l’analisi del genotipo dei neonati dalle cellule del cordone ombelicale.

 

La prima limitazione di questo studio è l’impossibilità di individuare un periodo critico preciso in cui la deficienza di 25OHD impatti maggiormente sullo sviluppo cerebrale. La seconda limitazione è che alcune variabili attribuite a bambini e donne i cui dati non sono stati registrati, sono state associate o a maggior rischio di insorgenza di autismo o a minori livelli di 25OHD. Infine, bisogna sottolineare che la scala SRS rileva una bassa comunicazione del bambino, che può essere associata anche ad altri disordini neurologici dell’infanzia.

 

Queste considerazioni suggeriscono che i neonati esposti a bassi livelli persistenti di vitamina D, misurati in questo studio a metà gestazione ed al parto, sono soggetti ad un maggior rischio di sviluppo di tratti relativi a disordini dello spettro autistico. Un supplemento di vitamina D durante la gravidanza potrebbe ridurre l’incidenza di questa condizione.

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